di Marco Gatto
[Questo articolo è apparso su “il manifesto” del 17 ottobre 2016]
Con Totalitarismi e populismi (manifestolibri, pp. 96, 8 euro) Rino Genovese ripropone una visione della storia come compresenza e ibridazione di tempi storici differenti, legandola all’analisi specifica dei due fenomeni menzionati nel titolo. Nel caso dei totalitarismi novecenteschi e delle loro conseguenze, si tratta di capire come essi siano la manifestazione di una modernità che non riesce mai perfettamente a compiersi, di un passato che non riesce mai a passare, generando così una coalescenza di tempi storici diversi che mette capo a un’impossibile realizzazione delle promesse del moderno. Ciò che appare imprevedibile, tuttavia, di contro all’apparente stasi cui la modernità si condannerebbe, è proprio il modo in cui il passato si miscela al presente, la combinazione in cui vecchio e nuovo si danno. La cultura occidentale moderna, sottolinea Genovese, vive alla luce di questo continuo confronto con l’alterità, che, per essere acquisita o superata, è sottoposta a un processo di ibridazione: l’Occidente da sempre si costituisce a partire dal suo “altro”, ma questo tentativo di assorbimento dell’alterità è costretto alla parzialità, secondo i termini di uno «sradicamento mai completamente portato a termine», che lo condanna alla presenza ossessiva di una non-contemporaneità.
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