Per un gruppo di ricerca sulla sindrome identitaria

Sindrome identitaria

Giuseppe Allegri, Manuel Anselmi, Alberto De Nicola, Renato Foschi, Rino Genovese, Mario Pezzella, Anna Simone

Dalla personalità autoritaria alla crisi dell’identità democratica

Circa settant’anni fa veniva pubblicata la celebre ricerca su La personalità autoritaria condotta tra il 1944 e il 1949 da T.W. Adorno, E. Frenkel-Brunswik, D.J. Levinson e R. Nevitt Sanford (uscita nel 1950 all’interno di una collana dedicata agli Studies in prejudice, a cura di M. Horkheimer e S.H. Flowerman), sostenuta dall’American Jewish Committe e frutto di una collaborazione tra l’impostazione della Scuola di Francoforte, quella della scuola psicoanalitica e ricercatori e ricercatrici di psicologia sociale. Il nostro gruppo intende partire dalla sedimentazione ormai storica di quegli studi per mettere alla prova, con una ricerca specifica, la diagnosi di ordine più generale circa la crisi dell’identità democratica nella sua tradizione liberale, pluralistica e sociale. Nell’ultimo decennio, poi, come conseguenza della grande recessione esplosa nel 2007-2008, si è assistito a una rapida accelerazione della crisi del modello liberale di democrazia fino alla presidenza Trump e al processo Brexit come macro-fenomeni. Il che significa sia la fine conclamata dell’egemonia del “modello atlantico” post-bellico, sia una tendenziale trasformazione della globalizzazione dell’ultimo quarantennio in una sorta di “deglobalizzazione” planetaria.

Siamo oggi alle prese con una riconfigurazione del rapporto governanti e governati, “alto” e “basso”, centro e periferie che, da un lato, sembra riproporre schematizzazioni quasi ottocentesche, visioni elitarie e dirigistiche – l’austerità ordo-liberista e il suo speculare “doppio” nazional-populistico –, mentre, dall’altro, evoca una possibile scomposizione e ricomposizione del demos in un’idea e pratica di cittadinanza attiva intesa come nuova politeia, in grado di aprire spazi di partecipazione verso un superamento dell’organicismo statual-nazionale.

Si tratta di ritornare a interrogare i soggetti, le forme e le sperimentazioni di azioni collettive per democratizzare la democrazia, con processi gius-generativi, capaci di affermare diritti d’inedita cittadinanza sociale, al di là del nesso sovranità-nazione-lavoro salariato, in sintonia con quella transizione che le innovazioni sociali e tecnologiche hanno indotto ormai da tempo, con vite messe al lavoro sulle piattaforme dell’economia digitale e masse di donne e uomini alla ricerca di una vita degna attraverso i flussi migratorî.

Scomposizione del demos e ritorno all’ethnos?

Ma dopo gli anni Zero del nuovo secolo sembra affermarsi soprattutto l’astratta idealizzazione di un “io-cittadino” nella crisi dei tradizionali legami sociali e dinanzi alla progressiva individualizzazione dei rischi (ambientali, economici, etc.), nella chiusura in forme di “apartheid sociale” (per dirla con Étienne Balibar) o “brasilianizzazione” dei paesi occidentali (riprendendo Ulrich Beck), in cui il protagonismo civico si sposta dal demos all’ethnos, esprimendosi con un “sé” sempre più chiuso in se stesso, narcisistico, intollerante, spesso cristallizzato nel risentimento e nel rancore, attanagliato da paure e insicurezze in un’amplificazione distorta della comunicazione immediata tipica dei social networks. Si intravede il formarsi di una psicologia collettiva che potrebbe essere detta del “cittadinismo”, uno spirito da comitato di quartiere teso alla protezione identitaria del territorio, del decoro urbano, con una buona dose di “populismo penale”, intendendo con questa espressione un’incessante tendenza alla surenchère securitaria di fronte a minacce spesso inesistenti. Oppure teso alla retorica di una presunta virtuosità della società civile rispetto alla politica, la qual cosa ha generato la falsa alternativa della “gente” contro la “casta”, del “popolo” contro i “politici”. Il tutto all’interno di un modello di nuove e antiche forme di “servitù volontaria”, come si è potuto vedere anche dall’esito sostanzialmente di destra delle ultime elezioni politiche italiane.

Un progetto di ricerca

Il progetto di ricerca collettiva, di analisi e inchiesta, che abbiamo intenzione di far vivere nei prossimi due anni intende riflettere su come questo slittamento verso una identità/personalità con pulsioni intolleranti ed escludenti si stia oggi manifestando dopo la tragica esperienza dei totalitarismi novecenteschi. Interrogandosi su quali possano essere i punti di connessione e di differenza nelle tendenze della prima parte del Novecento della nascente società di massa e in quelle di questo primo ventennio del nuovo millennio, in quella oscura, comune tendenza alla definizione di una struttura gerarchica dell’ordine sociale. In questo senso proverà a indagare lo slittamento dalla personalità autoritaria con disponibilità al fascismo e all’antisemitismo – indagata da Adorno e compagni – verso l’attuale affermarsi di quella che appare una personalità narcisistica e populistica con disponibilità al ripiegamento aggressivo, dispotico, comunitario nel senso dell’ethnos e delle “piccole patrie”. Concentrando lo sguardo su un apparentemente diffuso atteggiamento xenofobo, in una sorta di tendenza al razzismo discreto, cioè automatico, irriflesso, che fa leva sulla paura dell’altro da sé, in condizioni di oggettivo impoverimento (economico, sociale, relazionale) e dinanzi alla domanda di semplificazione insita in una società sempre più complessa e frammentata.

Si tratta di affrontare questa tendenza a un accelerato cambiamento di abitudini, mentalità, relazioni, pratiche, istituzioni, collettività e comunità, che “deterritorializza” da un lato (soprattutto gli individui dalle comunità e le comunità dai territori, facendo saltare i tradizionali corpi intermedi) e “riterritorializza”, al tempo stesso, rispetto all’esigenza di identificazione di singolarità disperse e atomizzate secondo vocazioni/bisogni declinati nella forma di pericolose chiusure escludenti.

L’intento complessivo del gruppo di ricerca è quello di tracciare ipotesi di lavoro, inchieste e analisi, mettendo in tensione produttiva una critica sociale di provenienza francofortese e i diversi saperi critici elaborati nel corso degli ultimi decenni.