Seminari su disordine della natura e capitalismo

Interpretare le sfide della nostra epoca per andare oltre il modello capitalistico e immaginare un futuro più giusto e sostenibile

Il ciclo di seminari intende proporre alcune categorie di pensiero che si ritengono utili per comprendere la situazione di emergenza che stiamo vivendo. Punto di partenza della nostra riflessione sarà il concetto di apocalisse culturale, elaborato da Ernesto De Martino. Un’apocalisse culturale si verifica quando, in seguito a un trauma storico profondo (un’epidemia, una guerra, un’aggressione coloniale, una crisi economica sistemica, una catastrofe ecologica) l’ordine simbolico con cui abitualmente riusciamo a orientarci nella realtà ambiente e nella vita quotidiana viene a essere sospeso, diventa irriconoscibile e ci lascia esposti al caos politico e psichico. Si verifica allora quella che sempre Ernesto De Martino ha definito una crisi della presenza.
Siamo, infatti, di fronte a un dissesto e a un disordine reattivo della natura, provocato dalla crisi sistemica del capitale e della sua concezione della tecnica. Qualcosa dunque di così radicale e profondo da minacciare il nostro ordine simbolico nelle sue stesse fondamenta. Come ebbe a dire Walter Benjamin in uno dei momenti più drammatici della storia del Novecento, «prima che la scintilla raggiunga la dinamite, la miccia accesa va tagliata».
I vari interventi del seminario, di cui proponiamo di seguito gli abstract intendono analizzare da diverse prospettive, a nostro avviso complementari, il dissesto radicale della forma di vita e la crisi della presenza che stiamo vivendo, integrando e sviluppando l’intuizione di De Martino e cercando di prefigurare anche come superare questa crisi per una nuova dimensione della relazione fra natura e cultura come base di un nuovo modello di sviluppo.

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Sarà un 8 settembre?

 8 settembredi Mario Pezzella

Il nostro primo ministro, citando Churchill, dice che stiamo attraversando l’“ora più buia”; speriamo invece che non sia un nuovo 8 settembre. Voglio alludere al fatto che da una sensazione di invulnerabilità dei corpi, di odio contro lo “straniero” e di identificazione col potere, si sta passando – in brevissimo tempo e non si sa per quanto – a una condizione di radicale insicurezza ontologica e politica, in cui tutti i parametri precedenti di comprensione e di riferimento sono sospesi e oscillanti.

Vedo che i filosofi discutono a proposito del contagio: è vero, è falso, è virtuale, è biopolitico, serve a introdurre uno stato d’emergenza, no l’emergenza c’è già, bisogna confidare nella scienza, no la scienza è una macchinazione, etc. È probabile che il paradigma biopolitico non spieghi interamente il presente stato di cose. Il “governo dei corpi” sta lasciando il posto a un disordine reattivo della natura, che pone in primo piano l’emergenza ecologica: la situazione attuale deriva dall’incapacità crescente a governare in modo non autodistruttivo la vita biologica.

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